MANTOVA. Chiesa di Santa Maria del Gradaro, due affreschi (ante 1295 e 1525-30) e una scultura moderna di “Ultima Cena”

La Chiesa fu costruita a partire dal 1256 con l’aggiunta del convento nel 1260 ad opera dei Canonici regolari di San Marco, ordine religioso mantovano. Nel 1454 subentrarono gli Olivetani su richiesta del marchese Ludovico III Gonzaga. Il complesso religioso subì gli effetti delle soppressioni teresiane a partire dal 1771 per concludersi definitivamente nel 1775 quando divenne magazzino militare. Durante la seconda guerra mondiale gli edifici dell’ex complesso religioso furono trasformati in campo di concentramento e in campo profughi.
La chiesa, già di proprietà del ministero della pubblica istruzione, nel 1952 fu acquisita dal comune di Mantova che ne promosse il restauro nel 1962. Nel 1966, dopo 191 anni di sconsacrazione, fu istituita la parrocchia dedicata alla Annunciazione della Beata Vergine Maria e il convento fu rilevato dalle suore Oblate dei Poveri di Maria Immacolata.
La chiesa presenta una bella facciata di stile gotico; l’interno a tre navate scandite da archi ogivali, ha copertura a capriate in quella centrale, mentre nelle laterali si sono conservate le cinquecentesche volte a crociera.

1) Affresco ante 1295

L’attuale abside ricurva, visibile solo dall’esterno, è frutto di un’aggiunta cinquecentesca ed è stata innestata sull’originale a pianta quadrata. In quest’ultima vennero alla luce attorno alla metà dell’Ottocento preziosi affreschi: sulla parete destra un cospicuo frammento con l’Ultima Cena, sulla sinistra tre Santi vescovi e quattro Profeti. La scena principale, con gli Apostoli seduti presso la preziosa tavola riccamente imbandita, è incorniciata superiormente da una phalera (motivo decorativo dalle molteplici varianti ampiamente diffuso in Lombardia nel XIII e XIV secolo). Qui è costituito da dischi in cui sono alternativamente inseriti soggetti zoomorfi e fitomorfi. Si snoda dall’abside lungo tutta la navata fino alla controfacciata dove, con andamento obliquo, indica l’originaria altezza della navata laterale.
Questi affreschi, ai quali si aggiungono i Santi e un Angelo dipinti nel sacello alla sinistra dell’abside (anche se eseguiti da mani diverse), presentano la medesima cifra stilistica improntata a staticità, ripetitività dei gesti e linearismo nel panneggio, che suggerisce stretti collegamenti con la pittura veronese di fine XIII secolo (Battesimo di Cristo, Resurrezione di Lazzaro in S. Zeno) (Arslan 1943) e con i mosaici della cappella Zen in S. Marco a Venezia, datati intorno al 1270 (Bettini 1964-65). Questa datazione è avvalorata anche dal fatto che lungo la navata corrono altre fasce decorative, allo stesso livello di intonaco, che vengono bruscamente interrotte nella controfacciata dalla struttura del portale, datato al 1295. È possibile quindi stabilire con sicurezza il termine ante quem – il 1295  -per la loro esecuzione, mentre per il termine a quo la definizione è più complessa. Infatti lungo il margine inferiore della Crocifissione è visibile, anche se abrasa, un’altra fascia decorativa appartenente ad un intonaco precedente. Questa può dunque riferirsi o ad una prima decorazione immediatamente successiva al trasferimento in città dei monaci (1268), e quindi precedente – anche se di poco – quella appena ricordata, oppure sarebbe un’ulteriore conferma dell’esistenza di un edificio preesistente su cui si intervenne a partire dal 1268.
La Cena duecentesca presenta un’ampia lacuna centrale e degli Apostoli, schierati dietro una tavola rettangolare, ne rimangono cinque a sinistra e la parte destra, con due figure è molto danneggiata. Si riconosce Giuda al di qua della tavola, di fronte a Pietro. Sono rimasti gli apici di 10 aureole, quindi è probabile che Giovanni fosse appoggiato al petto di Cristo, secondo una comune iconografia. Alla destra di Cristo (figura scomparsa) è rimasto Pietro che sta tagliando il pane con un coltello, iconografia inconsueta e che forse vuole sottolineare il suo ruolo di primo papa.
Sulla tavola, dalla elaborata tovaglia, sono ben visibili molti cibi e stoviglie: pani, pesci, piatti, bicchieri e coltelli.


2) Affresco 1525-30

Nelle 12 lunette della navate laterali si snoda un ciclo con scene della Passione di Gesù, realizzato nel 1525-30 da Benedetto Pagni da Pescia (1503 – Mantova, 1578), allievo di Giulio Romano. Le sei lunette del lato Nord rappresentano: L’ingresso di Gesù a Gerusalemme; L’Ultima Cena; L’orazione nell’orto degli Ulivi; La salita al Calvario; La deposizione; La Resurrezione. Quelle del lato sud: La discesa agli Inferi; L’apparizione di Cristo risorto a Maria; L’incontro tra Gesù e la Maddalena; La cena in Emmaus; L’ascensione e La Pentecoste.
Nella navata sinistra, seconda cappella, la lunetta, larga 285 cm, mostra un’Ultima Cena, in parte lacunosa, con gli Apostoli seduti intorno a una tavola rettangolare.


3) Scultura moderna

Il moderno altare postconcilare, del 2008, ha un paliotto ligneo scolpito a bassorilievo con un’Ultima Cena. Le figure schematiche degli Apostoli sono schierate dietro un tavolo rettangolare con al centro Cristo.

 

Link:
https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MN360-01047/

https://www.beweb.chiesacattolica.it/edificidiculto/edificio/49314/Chiesa+dell%27Annunciazione+della+Beata+Vergine+Maria

https://www.enricosartorelli.it/gli-affreschi-duecenteschi-in-santa-maria-del-gradaro/

https://catalogo.beniculturali.it/detail/PhotographicHeritage/0300727599


Regione Lombardia
Localizzazione: MANTOVA. Chiesa di Santa Maria del Gradaro, Via Gradaro
Rilevatore: AC